Una questione d’onore (2010)



L’opera è strutturata come un’opera buffa settecentesca. Riecheggia spesso il Concerto grosso e la Sonata a tre e, pur in un linguaggio contemporaneo, impiega le nobili forme della passacaglia e della fuga. Unico personaggio in scena è un baritono/attore al quale viene richiesta uguale bravura nel canto e nella recitazione.

Il libretto dell’opera è tratto da Leutnant Gustl di Arthur Schnitzler. L’ambientazione della vicenda, nel testo originale di Schnizler, è la città di Vienna e il periodo storico è quello a cavallo dei secoli XIX e XX. Nella stesura del libretto l’azione è spostata a Venezia e l’orologio arretrato alla metà del XVIII secolo. D’altronde, pensando a un’ambientazione settecentesca, non ci poteva essere luogo più adatto della Serenissima. L’idea è stata mutuata da Schnitzler stesso, il quale ha dedicato due suoi importanti lavori alla figura di Giacomo Casanova. Il Settecento di Una questione d’onore è visto attraverso gli occhi di un viennese dei primi del Novecento, e la città di Venezia è quella di Hugo von Hofmannsthal e di Thomas Mann.


SINOSSI

Girolamo Zorzi, giovane ufficiale della Serenissima è a teatro. Non è molto interessato all’esecuzione dell’opera, guarda invece le dame nei palchi e pensa a quello che lo attende dopo lo spettacolo: non vede l’ora che finisca. Un altro pensiero lo tocca. Il giorno dopo nel pomeriggio lo aspetta un duello. Accalcandosi verso l’uscita cerca di passare avanti a un altro avventore,  spingendolo.  Ne nasce un alterco  e l’uomo, un gigantesco fornaio che Girolamo ben conosce, minaccia di spezzargli la sciabola, con le proprie  mani. Il tutto avviene quasi in silenzio, senza che nessuno se ne accorga. L’ufficiale rimane impietrito e non ha il coraggio di replicare; l’altro si allontana.

Una volta all’aria aperta Girolamo incomincia a vagare per la città senza meta. Si arrovella accusando se stesso di non avere avuto la forza di reagire all’offesa subita. Attraverso un serrato monologo interiore giunge alla conclusione che, per evitare il disonore, l’unica scappatoia sia lasciare l’esercito e togliersi la vita. A questo pensiero immagina le reazioni della sua amante, dei suoi genitori, dei suoi commilitoni.

Dopo avere attraversato ponti e canali, si trova in un giardino ai margini della città. Stanco si siede su un muricciolo. In quel momento, oltre al suicidio, gli si affacciano alla mente un altro paio di alternative: ritirarsi in un convento o, addirittura, fuggire in America. Risparmierebbe ai genitori un grande dolore. Nel silenzio della notte si addormenta.

Girolamo si sveglia prima dell’alba, attorniato dal profumo della primavera.  Non è ancora completamente cosciente, pensa al duello che lo aspetta, ma poi si ricorda della sera prima e si chiede se quanto successo all’uscita del teatro sia realtà, o solo un sogno.
Il sole è sorto. Girolamo Zorzi incomincia il cammino di ritorno. Attirato dal suono di un organo, entra in una chiesa. Osserva una vecchietta pregare ed è tentato di parlare col prete  del suo proposito di suicidarsi. Infine esce in silenzio dalla chiesa e i morsi della fame lo conducono verso il suo caffè. Entrato nel caffè per l’ultimo pasto da ufficiale della Serenissima, casualmente, apprende dall’oste che il fornaio che rifornisce il locale - l’uomo che la sera precedente l’aveva così irrimediabilmente  offeso - è morto di infarto durante la notte. L’ufficiale, alla notizia che il segreto del proprio disonore è stato per sempre sepolto, è preso da una gioia irrefrenabile e incomincia a pensare nuovamente ad un fulgido futuro.




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